Congresso mondiale dei Bambini: "Cambiate il nostro mondo"

Una bambina nicaraguese ha sbattuto lo zaino in terra ed è fuggita fiera urlando "non voglio più lavorare".
Che il congresso dei bambini, apertosi lunedì 10 maggio, nell’ambito della tappa italiana della Global March, non sarebbe stata una passeggiata, i governanti intervenuti l’hanno capito immediatamente, fin dalle prime battute.
I 300 delegati - ragazzi dai 13 ai 17 anni - provenienti da ogni parte del mondo, infatti, dopo aver ascoltato gli interventi dei "grandi": il sindaco di Firenze, il presidente della regione Toscana, il messaggio del Presidente della Repubblica, Titti Di Salvo della Cgil, Kailash Satyarthi segretario internazionale della "Global March against Child Labour", hanno utilizzato il workshop pomeridiano per far capire che aria avrebbe tirato in questa quattro giorni fiorentina.
Alla presenza di tutte le delegazioni partecipanti al Congresso, l’artista indiano John Devaray ha animato la creatività dei ragazzi. Dopo aver scaldato la loro voce, intonando con loro canti "internazionali", i ragazzi hanno preso il sopravvento e in omaggio al nostro paese hanno intonato "Bella Ciao". Sono piccoli, non cretini. E, soprattutto hanno le idee chiare. Grazie alle loro voci, "Bella ciao" è diventato un coro di bambini, dolcissimo, che insieme hanno cantato: "We are people and we are singing: Bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao, we are learning, we are painting, we want a revolution now".
È stato solo l’inizio. Il coinvolgimento dei ragazzi, a quel punto si è finalmente liberato. John Devaray, insieme ad un bambino indiano ex lavoratore, ha inscenato una performance teatrale dove uomo ricco, costringe un bambino con le vesti stracciate a raccogliere rifiuti fino a quando non si scatena la ribellione del bambino che chiede al ricco di ricevere quello che gli deve dare. Subito dopo,sul palco sono saliti i bambini che sono stati protagonisti di altre, simili rappresentazioni.
Un crescendo di creatività e alla fine di ogni liberazione dallo sfruttamento un applauso che partiva dai altri delegati in platea.
Come quando la bambina nicaraguese ha sbattuto lo zaino in terra ed è fuggita fiera urlando "non voglio più lavorare". Tutti si sono espressi dal palco portando ciascuno il proprio messaggio di liberazione. Fin quando, alla fine della giornata sono rientrati nella loro funzione di delegati e, democraticamente, ogni delegazione si è riunita per scegliere il proprio rappresentante per la "commissione politica" incaricata della stesura della dichiarazione finale.
Il congresso è quindi ripreso stamani, (11 maggio) e loro, i bambini, si sono finalmente presi la parola. Hanno spiegato la loro condizione, hanno relazionato sul lavoro svolto nei gruppi dove hanno elaborato le indicazioni da fornire ai governi e alle organizzazioni internazionali così da rendere più efficace la battaglia contro lo sfruttamento dei minori.
L’assenza del governo italiano, i cui rappresentanti - troppo impegnati nel gioco delle tre scimmiette sulle torture dell’alleato anglo-americano in Iraq - si è notata ma loro, i delegati non se ne crucciano.
E iniziano a parlare, a farsi sentire.
Parla Dora, 16 anni, texana, che lavora con la famiglia nei campi da quando era piccolissima; esposta al taglio degli strumenti agricoli e all’intossicazione da pesticidi. Parla Alice, 15 anni, che viene dalla Costa d’Avorio che racconta la sua storia. "Ho iniziato a lavorare a sette anni in una discarica pubblica - racconta - raccogliendo gli scarti degli ospedali, e ho continuato per un anno. Vivo con i miei genitori che non mi hanno mai potuto mandare a scuola perché mio padre non mi ha mai registrata all’anagrafe". Oggi, grazie a una Ong è stata ammessa ad un programma di alfabetizzazione.
Parla Shiv, 16 anni, indiano: "quando avevo dieci anni, un uomo mi ha portato via con l’inganno promettendomi cioccolato. Messo a lavorare in un’industria di produzione di tappeti, ci sono rimasto quattro anni senza mai essere pagato e a stento ho ricevuto cibo". Shiv ora è salvo grazie ad una ONG, la BBA, e ora frequenta la scuola.
Parlano finalmente. Danno voce alle loro rivendicazioni. Combattere lo sfruttamento, il traffico sessuale, ottenere istruzione di qualità: sono queste le priorità che i delegati indicano ai governi di tutto il mondo. E all’opinione pubblica, perché "faccia pressione sui governi per nuove leggi; perché i paesi più ricchi sostengano i più poveri, per garantire l’istruzione e fare sì che non ci siano più matrimoni tra bambini.
L’Italia "ha buone leggi - affermano i bambini - dovrebbe spingere perché anche altri paesi le adottassero, per impedire ai turisti di partire per i paesi dove gli adolescenti sono sfruttati sessualmente".
Parlano e hanno le idee chiare. Tanto chiare: "il fatto è che secondo noi i governi fanno promesse che poi non mantengono". "Pensare - afferma un delegato - che basterebbero 11 miliardi di dollari per permettere a tutti i bambini di andare a scuola. Non sono molti: tre giorni di risorse mondiali spese per gli armamenti".
Hanno le idee chiare e chiamano tutti alle proprie responsabilità.
"Lavoro da quando avevo 6 anni - racconta Anna Luise, 17 anni, dell’Honduras - appena iniziata la scuola elementare. Fin da allora ho cominciato a raccogliere rifiuti nelle case per portarli alla discarica. Il padrone mi pagava 40 centesimi di dollaro al giorno, poi la sera facevo la baby sitter presso una famiglia: davo da magiare ai bambini e pulivo la casa. Poi finalmente qualcuno mi ha aiutato. Io credo - ha concluso Anna Luise - che non basti dire che bisogna fare qualcosa per combattere il lavoro minorile. Bisogna farlo e basta".
L’articolo di Alessandro Bongarzone è stato pubblicato da www.aprileonline.info
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