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Come risolvere il caso Maradona

Ipotesi di trattazione della pratica del Pibe de Oro e dei suoi guai con il fisco italiano.

di giovanni d’agata - martedì 19 febbraio 2013 - 2654 letture

Lo “Sportello dei Diritti” si batte da sempre contro l’evasione ma anche per un fisco più equo, corretto e a misura di contribuente, ma il caso "tributario" di Diego Maradona, da anni sulle cronache italiane per i continui colpi di scena, gli ultimi ad inizio febbraio di quest’anno con una serie di code polemiche, riteniamo che abbia bisogno di qualche chiarimento per capire cosa é accaduto e l’ultimo epilogo della vicenda che ha causato scalpore e soprattutto disinformazione per il susseguirsi di notizie, in parte distorte, perché non affidate ai tecnici di una materia, quale il diritto tributario, ostica e di non semplice divulgazione.

Con sentenza n. 598/01/13, depositata lo scorso 1° febbraio, la Commissione tributaria centrale di Napoli ha rigettato la richiesta di intervento adesivo dipendente avanzata dal calciatore Maradona nel giudizio in questione, rispetto al quale lo stesso Maradona era rimasto estraneo. Nella specie, la controversia è scaturita dalla notifica nei confronti della S. S. Calcio Napoli s.p.a., in merito agli esercizi che vanno dal 1985 al 1990, di avvisi di accertamento con i quali il competente ufficio finanziario contestava l’omesso versamento delle ritenute che avrebbe dovuto operare sulle maggiori retribuzioni corrisposte ai calciatori Maradona, Careca e Alemao.

Secondo l’ufficio, difatti, ai calciatori erano stati corrisposti maggiori compensi, occultati dalla interposizione di società estere, per cui lo stesso procedeva altresì al recupero del maggior reddito accertato, notificando gli avvisi di accertamento anche ai tre calciatori. Tutti gli avvisi di accertamento in questione, poi, venivano tempestivamente impugnati, dinanzi all’autorità giudiziaria competente, fatta eccezione però per l’avviso notificato a Maradona.Con sentenza del 20 dicembre 1993,successivamente impugnata dalla società, dai calciatori e dall’ufficio, la Commissione tributaria di primo grado di Napoli, previa riunione dei ricorsi, accoglieva le ragioni della società limitatamente a rettifiche riguardanti altri rapporti, mentre rigettava “nel resto i ricorsi per quanto riguarda l’omesso versamento delle ritenute d’acconto relative ai corrispettivi di lavoro di Maradona …, con salvezza degli effetti derivanti dalla dichiarazione integrativa presentata”. Rigettava, altresì, i ricorsi di due calciatori “per la parte relativa ai redditi non coperti dalle dichiarazioni integrative presentate”.

Con sentenza del 6 settembre 1994, poi, l’adita Commissione tributaria di secondo grado di Napoli rigettava il ricorso della società e quello dell’ufficio, mentre accoglieva quello dei due calciatori. L’Ufficio ha conseguentemente proposto ricorso alla Commissione tributaria centrale di Napoli che, in considerazione dell’avvenuta definizione della lite da parte della società ai sensi dell’art. 16 della legge n. 289/2002 e delle dichiarazioni integrative presentate dai due calciatori ai sensi della legge n. 413/1991, ha dichiarato l’estinzione dei giudizi relativi alla fallita società e ai due calciatori, rigettando la richiesta di intervento adesivo avanzata da Maradona.

Il calciatore argentino, infatti, pur non avendo impugnato gli avvisi di accertamento, era intervenuto nel corso del giudizio chiedendo di poter godere degli effetti della sentenza, attesa l’inscindibilità tra la contestazione a lui mossa e quella fatta alla società. Orbene, secondo l’adita Commissione, invece, la chiusura della controversia da parte della società Napoli Calcio non comporta la definizione automatica degli obblighi del calciatore Maradona, la cui obbligazione tributaria deve essere soddisfatta in base alla propria aliquota marginale. Questo per diverse ragioni.

Innanzitutto, perché il calciatore è rimasto estraneo al giudizio, non impugnando l’avviso di accertamento notificatogli, cosicché l’obbligazione tributaria nei suoi confronti si è consolidata, con conseguente inapplicabilità dell’art. 14, comma 3, del D. Lgs. n. 546/1992. Secondariamente, poi, anche perché “la definizione della controversia nei confronti della società, in forza di una norma di condono, ha natura soggettiva e non può riflettersi sugli obblighi di altri soggetti: la decisione della controversia nei confronti della società non implica un accertamento in fatto di cui possa beneficiare il contribuente”. “Né il condono della società può estendersi al calciatore che avrebbe potuto a sua volta accedere al condono, se avesse ritenuto di contestare tempestivamente l’ accertamento”.

In definitiva, dunque, l’unica strada ancora percorribile al Pibe de Oro resta quella dell’autotutela, con conseguente possibilità d’impugnare un eventuale rifiuto (Cass., SS. UU., del 23 aprile 2009, n. 9669). Questo secondo uno studio della situazione ad opera degli avvocati tributaristi leccesi, Avv. Maurizio Villani e Avv. Paola Rizzelli.


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