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Chi non ha ucciso i due Kennedy?

Chi “non” ha ucciso i Kennedy ha rilevanza culturale e sociologica, storica, altrettanto importante dello stabilire o cercare chi li ha uccisi, il piano cioè politico e inquisitoriale.

di Sergej - martedì 20 ottobre 2020 - 2116 letture

Chi non ha ucciso i Kennedy? La morte dei due Kennedy è da porsi tra le cose maggiori che l’immaginario del Novecento abbia prodotto (o di cui sia stato infarcito). Ciò che essi hanno fatto, come uomini politici e nel loro privato; alla luce della loro improvvisa e misteriosa morte. Misteriosa qui non nel senso delle modalità esterne della loro morte - il loro omicidio è stato platealmente “pubblico”, non solo alla presenza di un folto pubblico (un “coro”) ma per la documentazione che i media novecenteschi ne hanno fatto: omicidi tecnologici e immersi nello spettacolo politico (o nella politica anche come spettacolo). Ma misteriosa per il fatto della nascita immediata di un mito o di una teoria del complotto (o dei complotti) relativi alla vicenda: una dietrologia, che trova insoddisfatti della “versione ufficiale” dei fatti, e la ricerca di un dietro le quinte, di motivazioni e gruppi di potere che sarebbero stati all’origine dei due delitti. L’omicidio fa risaltare i due personaggi pubblici, e l’idea di un complotto fa risaltare ancora di più omicidio e personaggio tanto da farli diventare iconici, dare loro ulteriore risalto e fama.

Ecco allora che chi “non” ha ucciso i Kennedy ha rilevanza culturale e sociologica, storica, altrettanto importante dello stabilire o cercare chi li ha uccisi, il piano cioè politico e inquisitoriale.

Vi erano cioè una serie di culture che hanno utilizzato i due casi, per rafforzare e veicolare attraverso questi due casi la propria cultura; rafforzandola o rafforzandone le caratteristiche identitarie. Qui non stiamo cercando di individuare “biechi utilizzatori” di questi due casi, di profittatori ideologici o di mestiere. Va da sé che anche uno storico è tacciabile di tale nefandezza, qualsiasi argomento tratti o di cui voglia parlare. Essere un utilizzatore della morte dei due fratelli non inserisce automaticamente nella lista dei sospettati.

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Judit decapita Holofernes, di Artemisia Gentileschi

La loro morte è rimasta impressa per tutta una serie di motivi che hanno colpito più livelli e più punti dell’eterogeneo sistema del nostro “immaginario collettivo” (che è una cosa abbastanza sfuggente e cangiante, più una metafora che una cosa che esista nel tempo).

Il ruolo pubblico, la loro notorietà a livello globale (soprattutto nell’Occidente, certamente, ma non solo), la loro (relativa) giovane età; il fatto che si presentassero come fautori di una modernizzazione, in anni in cui l’economia era in piena espansione subito dopo la guerra mondiale; fino al fatto che erano proprio due fratelli - e questo a livello simbolico e religioso ha risonanze, all’interno di diverse culture religiose e non rimane indifferente almeno non a livello inconscio.

La macchina propagantistica politica aveva già movimentato molti elementi, nel corso della promozione della vita politica del primo Kennedy (John Fitzgerald Kennedy). Ricco, “eroe” di guerra, figlio di una dinastia (Kennedy senior aveva fatto i soldi con il proibizionismo degli alcoolici, era un filo-nazista, aveva ambizioni politiche frustrate); famoso divenne il confronto televisivo tra lui e il navigato politico Richard Nixon: davanti al nuovo dominante media, John Kennedy apparve più grintoso, più simpatico, più tutto rispetto a uno scialbo Nixon; una volta insediatosi, fu inaugurata una politica estera che fece conoscere una forma pubblica di kennedismo che da un parte faceva leva su alcuni elementi del democraticismo nordamericano e dall’altra sulla figura della moglie (Jacqueline Kennedy) e della sua elegante figura molto osannata sui media europei. Il “sogno americano” prendeva forma di questi due giovani coniugi, sorridenti, ben vestiti, ma di idee “democratiche”. John Kennedy è il primo leader nella storia della politica occidentale che passa nell’immaginario iconario pubblico "senza cappello".

Siamo nel pieno della guerra “fredda” e della contrapposizione nucleare tra le due superpotenze (USA e URSS), in Occidente il terrore di una guerra atomica era molto sentito, quotidianamente, a tutti i livelli. Il kennedismo invitava a non avere paura, a fare ed essere proattivi, a voler essere migliori. L’ottimismo kennediano.

L’altra faccia della medaglia era un individuo che soffriva i postumi della malattia; affetto come molti Kennedy da uno sfrenato erotismo e per questo ricattabile e privo di qualsiasi remora morale. L’imperialismo statunitense con conosce tregua: la Baia dei Porci, la crisi dei missili di Cuba che portò il mondo a un filo della guerra nucleare, la guerra in Vietnam ecc_ sono solo alcuni dei “dossier neri” che riguardano John Kennedy.

Robert Francis Kennedy era il fratello minore, che supportava il fratello maggiore e ne scriveva i testi più luminosi, che aveva condotto una guerra all’ultimo sangue contro la mafia, e contro l’FBI di Hooper. Sul punto di diventare presidente e molto più pericoloso del fratello maggiore per l’establishment dominante - almeno secondo le speranze dei supporter democratici. Questo quello che è il “mito” Bob Kennedy. Un mito minore, all’ombra del fratello maggiore, ma non per questo meno vivo e soprattutto con meno influenze sullo stesso mito del fratello maggiore: se il fratello maggiore aveva delle ombre nere, queste erano in qualche modo corrette dall’anima bianca di Bob Kennedy. Bob Kennedy era colui che avrebbe corretto gli “errori” caratteriali e politici del fratello. Colui che avrebbe redento quella storia. La morte dei due fratelli cattolici è la catarsi sacrificale di un’intera nazione - dell’intero Occidente. I due diventano i santi (laici) dell’ideologia democratica diffusa. I palici di un (nuovo) culto.

La storia come la lingua che serve per raccontarla. Entrambe impastano parole, idee, fatti trasmessi attraverso le parole. Alcune cose vengono bruciate, perse; altre rimangono come residui; altre ancora vengono usate nell’impasto, vengono scomposte oppure si trasformano e cambiano di significato.

Le figure dei due fratelli sono stati variamente usati nel corso degli ultimi decenni. E nel loro contemporaneo. Attraverso l’uso che ne è stato fatto si ha avuto la trasmissione di ciò che essi apparivano in quel momento. Senza quest’uso - ideologico, distorsivo, interessato - non sarebbe stato possibile per noi “ricordare”. E man mano che ci si allontana dal tempo storico, più queste due figure tendono a traslare dal campo della storia a quello del mito. A diventare figure simboliche (il bene di Bob Kennedy contrapposto al male di John Kennedy, nell’archetipo doctor Jekyll/mister Hyde; che arriva fino a Romolo/Remo o Caino/Abele). A rimarcare la tendenza imperialistica nordamericana sulla scorta della storia imperiale romana (i fratelli Gracchi, fino all’assassinio di Cesare ecc_). Ci si chiederà un giorno se davvero due tizi chiamati John e Bob Kennedy siano davvero mai esistiti, frutto della fantasia mitica degli antichi. Tanto la loro “favola” si sarà stilizzata, perdendo il terreno della storia.

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Pendolari sul Long Island Railroad leggono i giornali dopo l\’assassinio di John F. Kennedy

Sul tavolaccio di legno sono state appena scaraventate due teste mozzate. Il sangue cola sul tavolaccio. In primo piano, sul tavolo, le due teste con due diverse espressioni. I capelli arruffati, una di questa sembra più insanguinata e manca di parte della calotta. Attorno al tavolo vediamo alcune figure, impietrite: chi dalla sorpresa, chi dall’orrore, chi nell’espressione non sorpresa di chi sa qualcosa ma non può dirlo. Da un lato, in piedi, una folla: di curiosi, di perplessi, di chi sta per svenire o sta per piangere. Una scintilla d’odio, una scintilla di malvagio compiacimento. Chi ha appena ucciso John e Bob Kennedy? Chi non li ha uccisi?



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