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Carceri. La prodezza di Angelino Alfano

Il ministro parla di 500 milioni di euro da mettere in bilancio per costruire nuove carceri mentre ci sono almeno 40 istituti che non vengono utilizzati.

di Adriano Todaro - mercoledì 20 gennaio 2010 - 3642 letture

Nel carcere di Agrigento, nella sezione femminile, ci sono a disposizione 100 posti. Quante detenute ci sono? Sei! Avete capito bene, solo sei detenute. Stanno larghe, molto larghe. Agrigento rappresenta l’altra faccia della medaglia violenta del carcere: quasi sempre carceri sovraffollate mentre ad Agrigento tanti posti liberi. Un paradosso? No. E’ la normalità ed anche la prova dell’incapacità dei nostri governanti. D’altronde Agrigento non è un caso raro. Nel nostro Paese ci sono almeno 40 carceri che sono pronti e potenziati, ma non vengono utilizzati. Eppure Angelino Alfano, il ministro (diciamo così) della Giustizia ha affermato, in Parlamento, che siamo all’ “emergenza” e che è necessario costruire nuove carceri, chiedere soldi all’Europa e mettere in bilancio 500 milioni di euro.

La sua è stata una boutade o meglio una menzogna, sapendo di mentire. Perché i soldi non ci sono e perché, è ormai accertato, ci vogliono in media 12 anni per costruire un carcere.

Agrigento è in buona compagnia. A Pinerolo c’è un carcere chiuso da dieci anni, ma è stata già individuata l’area ove costruirne uno nuovo; a Mantova il carcere è in costruzione da 17 anni; a Codigoro il carcere è pronto dal 2001, ma non viene utilizzato; a Pontremoli l’istituto femminile è pronto dal 1993 ma attualmente chiuso; ad Ancona 180 posti sono stati inaugurati nel 2005 e oggi ci sono solo 20 detenuti. E poi ancora in Abruzzo, vicino a Pescara, dove c’è un carcere pronto da 15 anni ed oggi utilizzato solo da cani, pecore e mucche; a Monopoli dove il carcere è occupato abusivamente da famiglie di sfrattati e potremmo continuare ancora per molto senza dimenticare Gela dove il carcere è stato progettato nel 1959 e terminato nel 2007.

A questo punto viene spontanea una domanda: ma se le cose stanno così, e stanno così, allora perché Alfano ha affermato quelle cose?

Intanto è stato “costretto”, finalmente, a parlare di carcere. Il 2009, come abbiamo spesso documentato da questo sito, è stato un anno orribile per le carceri italiane, soprattutto per chi in carcere ci è costretto. Sovraffollamento, suicidi, episodi di morti mai chiarite, agenti penitenziari che anch’essi si tolgono la vita o che sono stati al centro di pestaggi di detenuti, autolesionismi, mancanza di psicologi, educatori, psichiatri i quali non vengono assunti nonostante i concorsi già espletati. Ma Angelino era restìo a parlare di questi problemi, preso com’è a cercare di salvare il suo principale dai processi pendenti. L’ha costretto a parlare di carcere l’onorevole Rita Bernardini dopo 16 giorni di sciopero della fame.

Sì perché in questo Paese, patria del diritto, una parlamentare è stata costretta a fare lo sciopero della fame per fare entrare, come si usa dire oggi, nell’agenda del governo il problema carceri. E così il prode Angelino ha parlato di carcere e per tacitare i benpensanti preoccupati dalla “sicurezza percepita”, ha buttato lì la decisione di costruire nuove carceri.

In realtà se ne parla da anni con proposte anche surreali come quella di fare le carceri galleggianti su alcune navi ferme nei porti. Ma, soprattutto l’idea era quella di appaltare le carceri ai privati. E non è un caso che solo qualche settimana or sono, anche il Giornale di famiglia si è occupato di carcere in particolare quello di San Vittore posto in una zona centrale di Milano, un’area molto appetibile per costruire, invece del carcere, magari un grande ipermercato o tanti appartamenti in previsione di Expo 2015. E San Vittore? Mandarlo via, costruire un nuovo San Vittore lontano dalla città, in mezzo alla brughiera così non lo vede nessuno. Un po’ del tipo “lontano dagli occhi, lontano dal cuore” e peggio per i parenti dei detenuti se non avranno i mezzi di comunicazione per far visita ai loro cari.

Ma per tornare alla proposta di Alfano c’è da sottolineare che il ministro non si rende neppure conto della corbelleria che dice. In pratica si afferma che le nuove carceri porteranno a 80 mila nuovi posti-letto. E lo dice con tranquillità, quasi in modo ridanciano, come se fosse una cosa normale. Significa che nella testa di questi governanti c’è l’idea che non bisogna lavorare per far diminuire le persone che vanno in carcere, ma quella di aumentare i detenuti.

Ma anche qua il ministro dice una menzogna. Già oggi ne entrano in carcere, ogni mese, circa 1.000 persone. Facciamo pure un conteggio per difetto e consideriamo che ne entrino “solo” 800 ogni mese. Se per fare un carcere ci vogliono in media 12 anni, quindi 144 mesi, ebbene i posti disponibili dovrebbero essere 115.200 e non 80 mila senza dimenticare che un carcere da 200 posti-letto costa oggi, in media, 20 milioni di euro.

E’ stupefacente come i politici dicano certe cose e come le televisioni non spieghino certe cose. Ci sono poi, nell’affermazione di Alfano, altri due punti che vale la pena sottolineare. Il ministro parla di assumere 2.000 nuovi agenti di polizia penitenziaria e di “stato di emergenza”. Nelle carceri ci sono 42.268 poliziotti in organico, ma sono solo sulla carta. In realtà lavorano nelle carceri solo 16 mila. Gli altri? Sparsi in giro a fare altro visto che solo al Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria) ne sono staccati ben 1.600. Invece di nuovi poliziotti è necessario utilizzare meglio quelli che già ci sono e, soprattutto, assumere educatori, assistenti sociali ed altro personale specializzato. Per quanto riguarda lo “stato di emergenza” ecco che i privati rientrano in gioco. Se il governo darà al capo del Dap e commissario straordinario per l’edilizia carceraria, Franco Ionta, la possibilità di decidere la costruzione di nuove carceri senza “lungaggini burocratiche” e gare di appalto, ci aspettiamo un nuovo assalto alla diligenza e i privati troveranno un altro settore per speculare. Le “carceri d’oro” non sono retaggio del passato. Sono qui, a portata di mano. La torta è grossa e, come si sa, nel piatto ricco, ci si ficca volentieri.

Noi continuiamo a ripetere, e non ci stancheremo di farlo, che la soluzione per il sovraffollamento delle carceri è a portata di mano e non costa nulla. E’ necessario ampliare, e non diminuire come ha fatto il governo, le misure che rappresentano un’alternativa al carcere. Se nel 2006 c’erano più di 23 mila persone che utilizzavano queste misure, oggi sono solo 7.737. Nelle carceri italiane ci sono circa 20 mila persone che hanno pene sotto i tre anni e che potrebbero accedere ai benefici. E invece no, li teniamo in galera, li facciamo vivere in otto in una cella costruita per tre persone, li facciamo suicidare piuttosto che applicare norme di buon senso. Quando si parla di carcere, di sicurezza, di paura non bisognerebbe mai dimenticare che la recidiva è del 68% per coloro che hanno scontato tutta la pena in cella e del 30% per coloro che hanno potuto utilizzare qualche misura alternativa. Se veramente si ha paura e si vuole essere sicuri, allora bisognerebbe, tutti quanti, battersi per le misure alternative al carcere.

Oltre a questo come dimenticare quelle pessime, orribili, vergognose leggi degli ultimi anni, dalla Bossi-Fini all’ex Cirielli (la salva-Previti), passando, naturalmente, per la Fini-Giovanardi sulle droghe? Come si fa a dimenticare che un terzo dei detenuti è tossicodipendente e che ci sono 13 mila stranieri in carcere colpevoli soltanto di non aver ottemperato all’obbligo di espulsione?

Ma il prode Angelino queste cose non le vuole neppure ascoltare. Come gli hanno detto gli esperti marketing del partito dell’amore, bisogna fare fumo, vendere fumo. E lui, in modo coscienzioso, vende fumo per gli allocchi. L’importante è salvare il principale. D’altronde se non ci fosse stato lui, anzi Lui, quando mai Angelino avrebbe potuto diventare ministro?


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