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Buio d’artista

Riflessioni su un appuntamento mistico che ci apprestiamo a festeggiare tra poco più di un mese, costretti a fare i conti con una società ed uno stile di vita mutato nel tempo. Non sempre in meglio.

di marisa attanasio - mercoledì 23 novembre 2016 - 4125 letture

Natale è luce. Illuminare al meglio i principali centri turistici e commerciali delle grandi città è diventata una vera e propria sfida negli ultimi anni. Ed ecco le luci. Luci d’artista. L’effetto è unico. Le suggestive scenografie accendono di magia il Natale cittadino. Vetrine sfavillanti, addobbi sempre più ricercati, alberi spettacolari e canti di Natale. Le città si vestono a festa e la loro bellezza diventa sfolgorante. Eppure...

Pensavo, osservando il magico sfavillio, che se i Magi dovessero trovarla oggi quella misera capanna, probabilmente in mezzo a tante luci non riuscirebbero più a seguire la cometa. Il Bambino stesso, abituato al buio e silenzioso ventre materno, ne resterebbe abbagliato. Neppure si riuscirebbe a sentire il suo pianto di neonato, nel frastuono dei brulicanti mercatini natalizi e dei rumorosi centri commerciali.

Quando ero bambina mi piaceva osservare il presepe al buio e in silenzio, l’unica luce doveva essere quella della cometa sulla capanna del piccolo Bambino. Immaginavo di ascoltare nel silenzio le voci sommesse dei pastori, mentre guardavano pieni di stupore quella famiglia un po’ anomala raccolta nella misera capanna.

Mi ha sempre affascinato il Natale, festa del silenzio, perché è solo nel silenzio che si può ascoltare; festa della luce, che illumina da dentro, che accende la speranza nel buio che ci avvolge. Forse avrebbe più senso se invece di illuminare i già luminosi centri del commercio e del turismo, si scegliesse di illuminare luoghi insoliti.

Sarebbe originale, per esempio, illuminare le vie del mare, per guidare come una cometa le migliaia di profughi che guardano pieni di speranza le nostre coste; o le strade frequentate dai barboni proprio a pochi passi dagli eleganti addobbi; o le periferie, dove adolescenti arrivate cariche di speranza dall’est dell’Europa, dall’Africa o da altri Paesi si spengono ogni giorno vendendosi a chi accende di luce il Natale del commercio.

Qualche luce d’artista starebbe bene anche nel centro Italia, per ricreare paesi ormai perduti e case che resteranno vuote e pericolanti chissà per quanto ancora. Non guasterebbe nemmeno qualche piccola luce alla finestra di alcune case, dove qualche bambino aspetta le vacanze di Natale per ripristinare l’armonia familiare spezzata dalla necessità di mamme e papà di trasferirsi a 700-800 km di distanza dalle proprie famiglie, per non buttare via anni trascorsi nel buio del precariato.

E se in mezzo a tanta luce avanzasse ancora qualche scena d’autore, sarebbe perfetta davanti alle finestre delle amministrazioni comunali, come omaggio riconoscente per aver saputo rendere eccezionali i punti nevralgici dell’economia delle nostre meravigliose città, nascondendo agli occhi di chi è intento a spendere ciò che può nell’euforia luminosa, tutto ciò che è scomodo e inopportuno con un eccezionale buio d’artista. >>


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