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Bomba di fine estate

Recuperato un ordigno bellico a pochi metri dalla riva sulla spiaggia di Santa Teresa di Riva, nel messinese.

di Piero Buscemi - mercoledì 28 settembre 2016 - 3578 letture

E’ un appuntamento fisso di ogni anno. Inevitabile come il primo bagno a mare o la prima granita al bar. Sono le tradizioni tipiche tramandate negli anni per molti siciliani, quindi anche per chi vive in uno dei paesini della riviera ionica messinese. Stiamo parlando del cerimoniale di fine estate che, nonostante qualche imperterrito bagnante provi a rinviare a temperature meno adatte, inevitabilmente attira l’attenzione dei curiosi, solo nel tentativo di riconoscere qualcuno fra i temerari che si gode l’ultima tintarella stagionale.

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Lo smantellamento di un lido a fine estate

Qualche volta un evento imprevisto può riaccendere per un attimo il letargo imminente che ci si appresta a vivere, tra mareggiate assordanti e coraggiosi pescatori di surfcasting a tentare la preda da incorniciare. Arriva proprio quando meno te lo aspetti. Quando sei impegnata ad accompagnare i figli a scuola o mentre ti affretti a raggiungere il posto di lavoro, accantonato per qualche settimana di ferie estive.

Sarebbe più adatto alla circostanza un episodio che richiami alle giornate calde in via di dissolvenza, come potrebbe essere un ombrellone sradicato dal vento, un avvistamento di qualche mola (pesceluna) a galleggiare dormiente dentro un mare d’olio; o, più banalmente, una emancipata turista in topless, non così frequente nei litoranei di questa zona del messinese.

L’imprevisto che ha attirato la curiosità degli abitanti di Santa Teresa di Riva, paesino di circa diecimila anime ad una trentina di chilometri dal capoluogo messinese, è stata la presenza di alcuni mezzi militari parcheggiati sul lungomare, lo scorso lunedì mattina. Nei giorni precedenti era stata segnalata la presenza di un probabile ordigno bellico risalente forse alla Seconda Guerra, avvistato da un sub a pochi metri dalla battigia.

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Gli artificieri durante il recupero dell’ordigno a mare

Lunedì mattina il misterioso oggetto è stato recuperato. Per la cronaca, è sembrato più un bossolo di proiettile da mortaio, rispetto alla paventata bomba e la sicurezza nella manualità da parte degli artificieri intervenuti, sembra darne conferma. Un evento che, oltre a risvegliare l’innata indole da commenti da bar dei locali, ha animato una tiepida giornata di fine settembre utilizzando un oggetto spesso protagonista delle costiere marine italiane.

E’ stata la quasi apatia dimostrata dagli astanti e la mnemonica gestualità degli artificieri che ha maggiormente catturato la nostra attenzione. Il ritrovamento di queste archeologiche prodezze dell’uomo sono così frequenti da non fare più notizia. Se ne era occupato anche Lucio Dalla in una sua canzone qualche anno fa, quando ci raccontò delle bombe del Kossovo davanti alle felliniane spiagge riminesi. Anche Lady D era diventata la sostenitrice principale della campagna contro le mine antiuomo, abbandonate nei campi di gioco improvvisati da milioni di bambini, e nell’oblio della goliardia estiva.

Quindi, niente di nuovo sul fronte occidentale, potremmo dire per rimanere in tema. Ma i fronti si sono moltiplicati a dismisura nel corso dei decenni. Disarma, nell’eccezione più pacifista del significato, lo scontato atteggiamento e l’impotenza di chi, oltre a continuare ad elargire sentenze nei bar e nelle piazze, sta piano piano cancellando la memoria sui ricordi strazianti dei nostri nonni che vissero e, qualcuno sopravvisse, a quei conflitti.

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Le fasi finali dell’operazione di recupero

Un giorno, forse, in una qualsiasi spiaggia della riviera ionica messinese, se l’erosione umana non le avrà fatte sparire tutte (nda), ebbene quel giorno sarà improbabile rivivere la stessa esperienza dello scorso lunedì mattina, perché oggi l’evoluzione bellica ci ha regalato ordigni chimici e bombe intelligenti, così tanto da riuscire a non farsi trovare. Perché, qualche giorno fa, siamo rimasti estasiati dalla istallazione dell’opera Help, la ricostruzione in plastica di un ipotetico sito archeologico a Mozia, realizzato dall’artista Maria Cristina Finucci utilizzando milioni di tappi di bottiglia di indiscusso pvc. La stessa Finucci, nel presentare la sua riflessiva bizzarria alla stampa, spiegò le ragioni di questo "monumento", riconducendoli ad una domanda che ha già trovato una tragica risposta: se oggi noi ammiriamo i resti delle architetture e dell’ingegno del passato, cosa troveranno tra tremila anni gli archeologici del futuro, se non un cumulo di plastica?

La nostra umile testimonianza, al cospetto di un convenzionale ritrovamento di un ordigno, non pretende di aggiungere nulla a quanto detto finora sulla natura belligerante dell’uomo. Al funesto futuro di plastica, prospettato dalla Finucci, siamo sicuri che i musei del Tremila riempiranno in ogni caso le teche espositive di altri residui bellici, tra armi e divise militari. E questo significa soltanto una cosa: che non avremmo imparato niente dal passato, ancora una volta.


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