Basta con questo schifo!

Quando si arresterà la discesa dell’Italia verso una mefitica palude limacciosa in cui il malaffare generalizzato ci sta conducendo?

di Emanuele G. - lunedì 15 ottobre 2012 - 2036 letture

Notiamo con somma angoscia quanto sta succedendo al nostro amato paese. Le cronache di tutti i giorni stanno svelando un pozzo di San Patrizio colmo di ogni nefandezza che la mente umana è in grado di partorire e porre in essere. E’ come se per tutti questi decenni abbiamo vissuto accanto a un letamaio e solo ora cominciamo a percepire i nauseabondi odori che da lì provengono. Una domanda ci sorge spontanea: perché non ce ne siamo accorti prima? Perché credevamo che la mente umana non potesse giungere a simili vette di abominio? Perché abbiamo volutamente dormito dimostrando un bell’esempio di indifferenza? Perché eravamo più o meno tutti collusi e abbiamo cercato di sviare i sospetti da noi? Sarebbe una questione passibile di ulteriori approfondimenti perché aprirebbe uno sguardo non proprio esaltante sull’indole del cittadino medio italico. Tuttavia, il nodo della vicenda risiede – a mio parere – in una domanda che tutti noi dovremmo porci con massima urgenza: quando si arresterà la discesa dell’Italia verso una mefitica palude limacciosa in cui il malaffare generalizzato ci sta conducendo? E’ una domanda fondamentale in quanto si ha tutti la percezione che dobbiamo trovare una via d’uscita. Al più presto. Senza tentennamenti. In maniera decisa. Veloce.

Una via d’uscita è auspicabile poiché non si può più permettere che il fiume carsico della deriva etica e morale del paese raggiunga il suo obiettivo primo. Ovverossia la disgregazione del paese. Non vi accorgete che stanno aumentando a vista d’occhio le recriminazioni fra classi sociali, territori, organi dello Stato, organismi sociali ed altro ancora? Tutto ciò sta contribuendo a rendere fragile, fragilissima l’Italia. In quanto quel senso di sussidiarietà sta venendo meno mettendo in evidenza angoscianti esempi di egoismo. Una prima risposta convinta alla corsa – al momento inarrestabile – verso la catastrofe è ritornare ad avere un certo principio di solidarietà nazionale. Che deve giocare il ruolo di cemento fra noi tutti italiani. Se non sentiamo che c’è qualcosa che ci unisce come possiamo pensare che il paese continuerà ad essere coeso? C’è qualcuno in giro che si vuole assumere la responsabilità di sfasciare tutto ciò che è passibile di distruzione?

Una risposta al succitato quesito diventa improcrastinabile per un semplice motivo. L’Italia è nel bel mezzo di una drammatica e straordinaria crisi che sta sortendo il nefasto effetto di accelerare la corsa verso il baratro. Non ci possiamo permettere di giocare allo sfascio. Sempre e comunque. Alcuni punti fermi e di direzione nella tempesta sono quanto meno auspicabili al fine di permettere a tutti noi di intravedere la tenue lucina alla fine del tunnel. Anzi dobbiamo approfittare della crisi presente per ritrovare quelle motivazioni che ci hanno reso una delle nazioni più potenti al mondo. Non pretendiamo mica progetti pluriennali come l’Unione Sovietica bolscevica, ma tutto un insieme di piccole cose da portare avanti. Poiché più cose piccole saranno realizzate meglio ci sentiremo. Ossia avremo cominciato a riprendere un percorso di risalita verso una condizione migliore per tutti noi. La crisi la sia affronta uniti pur nelle comprensibili differenti sensibilità o crolliamo. C’è qualche scellerato a cui sarà gradito trionfare sulle nostre macerie?

Se facciamo un giro dell’Italia ci accorgiamo che siamo sommersi da una quantità inusitata di problemi. Ogni città, ogni territorio, ogni regione ha il suo triste elenco di criticità. Si tratta di un campionario straordinario di problemi che la debacle etica e morale del nostro paese ha impedito di risolvere. Vogliamo lo sfascio? Allora chi lo dirà ai cassintegrati che non c’è nulla da fare? Vogliamo lo sfascio? Allora chi lo dirà ai bambini degli orfanotrofi che non ci sono più fondi? Vogliamo lo sfascio? Allora chi lo dirà agli alluvionati del messinese che lo Stato non se ne occuperà più? Vogliamo lo sfascio? Allora chi lo dirà agli ammalati di leucemia che la divisione ospedaliera sarà tagliata? Vogliamo lo sfascio? Allora chi lo dirà che l’amministrazione della giustizia non è più possibile? Insomma, vogliamo lo sfascio oppure un paese che dia a tutti possibilità di vedere riconosciuti i propri talenti e le proprie necessità?

C’è anche il livello internazionale. E’ tassativo per noi italiani fermarci prima dell’abisso perché l’Italia deve pur giocare un ruolo di un certo rilievo sul proscenio di un mondo sempre più globalizzato. Un mondo globalizzato che esclude brutalmente chi non ha certe caratteristiche endogene. Eppure il livello internazionale è propedeutico e salvifico per ridare slancio a un paese stremato dalla mefitica palude limacciosa in cui ci troviamo immersi fino al capo. L’Italia deve collaborare a rendere l’Unione Europea un’unione di persone e popoli piuttosto che un insieme di burocrazie e principati economici. L’Italia deve collaborare con tutte le altre organizzazioni internazione – a partire dall’Onu – per delineare e costruire un mondo più giusto e democratico. L’Italia deve essere un faro positivo per quanti nel mondo combattono per la libertà e le libertà. Se ci adattiamo allo sfascio il nostro paese sparirà dal consesso internazionale relegandoci ai margini della civiltà e del progresso. Cui prodest tutto questo?

Ecco quattro motivi che dovrebbero farci rifiutare “la palude” che sta dilagando nauseabonda in ogni contrada della bella Italia. Le colpe di quanto sta succedendo sono ben individuate e chi ha commesso questo orrendo crimine contro il nostro paese dovrà essere punito in maniera esemplare. Pur tuttavia, il problema che ci affligge da anni non si risolve con una bella retata giustizialista. E’ necessario un “rinascimento” e “risorgimento” dell’Italia nella sua integralità. Dobbiamo procedere verso una rivoluzione interiore che ci faccia cittadini migliori, responsabili, attivi e presenti. La questione di fondo è che in tutti questi decenni l’italiano non è mai stato cittadino. Abbiamo recitato a soggetto svilendo i valori che dovevano unirci. Ora non possiamo più andare oltre. Scomparse le ideologie del c.d. “secolo breve” l’appiglio fondamentale diventa la virtù civica del singolo che agisce ogni giorno a rendere il presente e il futuro più vivibili. Assieme agli altri. In quanto il paese dove viviamo è il bene in comune più importante che abbiamo.


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