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Autorità competenti – cittadini: un rapporto quasi sempre impossibile

Nel nostro paese il dialogo fra le autorità competenti e i cittadini rassomiglia viepiù a un dialogo fra sordi. Eppure è anche da quel versante che può ripartire il nostro paese.

di Emanuele G. - martedì 3 settembre 2013 - 3955 letture

Un osservatore attento della situazione italiana trarrebbe una conclusione che suonerebbe così: da ogni lato la si veda la situazione italiana è davvero complessa. In breve, non c’è area del nostro paese che non appalesi segni di pesante difficoltà. E’ fuor dubbio che stiamo assistendo alla maturazione di velenosi “frutti” il cui seme è stato seminato svariati anni orsono. Ora siamo alla metastasi e l’ingorgo di frutti avvelenati è sì possente da bloccare ormai la vita stessa italiana. Oggi vorrei parlarvi di un aspetto poco conosciuto. Mi riferisco al dialogo autorità competenti – cittadini. Un dialogo spesso da inquadrarsi in una relazione fra sordi. Le parti non dialogano. Il che comporta un irrigidimento complessivo fra le parti. Causa di un muro contro muro che arreca vistosi guasti alla vivibilità di una comunità. Poiché un buon livello di dialogo fra autorità competenti – cittadini è una precondizione necessaria affinché si sia in grado di costruire condizioni accettabili per una dignitosa vivibilità.

Certo in Italia la normativa ha tentano di regolamentare tale dialogo per facilitarlo. Tuttavia, gli strumenti messi in atto sono apparsi confusi e velleitari. Confusi perché spesso la loro effettiva regolamentazione è superficiale e ciò ingenera insicurezza nel manovrare codesti strumenti. Velleitari in quanto alla fin fine non portano a nessun risultato tangibile. Quali sono questi strumenti? Essenzialmente quattro: i referendum, le petizioni, i forum e le consulte. Orbene, che senso ha indire dei referendum con quorum? Ciò inficia la potenza dello strumento consultativo. Che dire, poi, delle petizioni che vengono aggirate dalle autorità competenti elevando l’asticella del minimo di firme richieste? Per non parlare dei forum e delle consulte che diventano strumenti in mano ai partiti e agli uomini politici per creare nuovo consenso clientelare. L’idea di istituire tali strumenti di agevolazione del dialogo fra autorità competenti e cittadini è senza dubbio encomiabile. Ma la pratica rileva le tipiche deviazioni italiane dove a farla da padrone sono gli interessi di pochi e non quelli generali.

All’estero non è così. Esistono degli strumenti che permettono finalmente alle parti in causa (autorità competenti – cittadini) di dialogare davvero e di addivenire a delle conclusioni efficaci. Prendiamo, ad esempio, la Francia. Poniamo il caso che si debba costruire un’infrastruttura pubblica. Allora vengono attivate due procedure: l’enquete publique e l’enquete financiaire. Per la prima, viene nominata una commissione che ha lo scopo di “intervistare” tutte le parti in causa. Comuni, dipartimenti, regioni, associazioni, esperti e quanti possano avere un interesse emergente. La seconda, ha come obiettivo capire se c’è una reale disponibilità di risorse finanziarie per costruire quell’infrastruttura. L’arco di tempo previsto per le succitate enquete è di circa sei mesi. Il risultato deve centrare due obiettivi: il territorio vuole a maggioranza realizzare l’infrastruttura e i soldi per la sua costruzione ci sono. Uno strumento tale permette subito di costruire un serio dialogo fra tutti gli attori coinvolti nel processo decisionale ed, inoltre, di comprendere se sia hanno reali risorse finanziarie per il raggiungimento dell’obiettivo. Questi due strumenti avrebbero permesso di instradare la incandescente querelle sulla Tav della Val di Susa su binari (è proprio il caso di dirlo! – nda) certi e definiti. Invece, la questione afferente alla costruzione della Tav della Val di Susa si è trasformato in un disastro al dir poco clamoroso.

Capirete che creare strumenti di dialogo autorità competenti – cittadini è una faccenda estremamente delicata. Bisogna costruire, quindi, un percorso che elimini fin da subito i personalismi o gli interessi di parte per giungere a uno stadio di comprensione su quali siano i reali interessi delle comunità e del territorio. Gli strumenti di democrazia partecipata – e se vogliamo dirlo anche diretta – devono avere la forza di costruire un dialogo facondo di coesione che porti le parti a giungere a uno step oltre. Ovverossia a prendere delle decisioni condivise, responsabili e vincolanti in grado di assicurare ai cittadini e al territorio di aumentare il livello complessivo di vivibilità. Che senso ha iniziare un percorso di dialogo se poi si finisce con il litigare e contrapporsi con violenza e recriminazioni reciproche? Puntare l’attenzione sulla legislazione di opportuni strumenti atti al dialogo autorità competenti – cittadini sarebbe uno dei tanti primi passi per far ripartire un paese fermo ad ogni livello. Un paese fermo – come l’Italia – non è sinonimo di progresso e sviluppo. Anzi…


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