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Assetto produttivo, competitività e crescita nei Paesi in Transizione

Sintesi a cura del Direttore del CIRPET, Prof. Carlo Boffito, e del Dottor Marco Ranieri

di Emanuele G. - lunedì 14 maggio 2007 - 3935 letture

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passato e modernità

Questa ricerca ha riguardato il sistema delle imprese e la competitività in nove paesi in transizione. Lo scopo è stato quello di fare un bilancio degli effetti degli investimenti esteri e del grado di sviluppo delle piccole imprese nell’Europa centro-orientale, individuando per ogni paese le sfide principali e le prospettive di cooperazione con il sistema produttivo italiano.

La ricerca è stata organizzata in due fasi, una fase desk e una fase field. Nel corso della fase desk, svolta a Torino, sono stati studiati a fondo la struttura produttiva, gli investimenti esteri, il commercio e il ruolo della piccola e media impresa nei paesi selezionati, sulla base del materiale bibliografico disponibile. In questa fase sono state redatte le versioni preliminari degli studi-paese e sono stati preparati e discussi i contributi sui distretti (appendice 1) e sulla competitività (appendice 2), che hanno fornito gli elementi di base per lo svolgimento successivo della ricerca. I contributi-paese hanno seguito inizialmente lo stesso schema, che prevedeva l’analisi di quattro aspetti principali: struttura produttiva, commercio estero, investimenti diretti esteri, piccola e media impresa. In seguito le peculiarità dei paesi sono emerse, richiedendo una revisione, caso per caso, dell’impostazione iniziale. Perciò, il tema centrale della ricerca è spesso accompagnato nelle schede-paese da altri temi; inoltre, temi comuni a tutti i paesi sono stati trattati con diversi gradi di approfondimento, fino a diventare, in alcuni casi, veri e propri assi portanti dell’analisi.

Nel corso della fase field i ricercatori hanno effettuato viaggi di approfondimento nei paesi studiati. Scopo dei viaggi è stato di migliorare la conoscenza della realtà studiata, attraverso interviste a ricercatori locali e ai principali operatori economici. Particolare attenzione è stata accordata agli imprenditori italiani e alle istituzioni del “Sistema-Italia”. Le interviste sono state condotte al fine di verificare le ipotesi di lavoro emerse dalla fase desk e di raccogliere spunti, esperienze, punti di vista sulla situazione degli investimenti, della piccola impresa e delle prospettive di cooperazione con l’Italia. Nel corso della fase field sono stati organizzati otto visite ai paesi studiati (Russia, Polonia, Romania, Ucraina, Repubblica ceca, Estonia, Bulgaria e Ungheria) e molti altri viaggi destinati alla partecipazione attiva a convegni e incontri internazionali, tra cui un meeting sulla Piccole e medie imprese alla Commissione Economica per l’Europa delle Nazioni Unite (UNECE) a Ginevra, al quale il CIRPET ha partecipato come relatore nell’aprile 2004.

Aspetti salienti

Ungheria. Le nuove sfide della “prima della classe”

L’Ungheria è il paese dell’ex blocco socialista da sempre più vicino all’economia di mercato. I governi che si sono alternati hanno affidato ai capitali esteri la guida del processo di transizione, garantendo all’Ungheria un successo a lungo ineguagliato in Europa orientale. L’economia ungherese è ancora tra le più solide e dinamiche dell’est Europa, anche se l’attuale situazione del paese risente del progressivo aumento del costo del lavoro e della rilocalizzazione degli Ide verso altre aree.

L’investimento in Ungheria rappresenta una valida opportunità per la piccola e media impresa. Le Pmi ungheresi, trascurate nel “periodo d’oro” degli investimenti in Ungheria, sono oggi interessate all’esperienza dei distretti e ai capitali italiani. Il loro appoggio su un mercato in crescita, sostenuto da istituzioni affidabili, fornisce la base per un’esperienza di delocalizzazione stabile e duratura. In particolare, le regioni orientali offrono costi contenuti e si trovano nella zona di transito tra Ungheria, Romania e Ucraina, in prossimità del distretto rumeno di Timisoara.

Polonia. Il più importante mercato dell’Europa centrale tra punti deboli e potenzialità.

La Polonia ha affrontato la transizione applicando una drastica terapia d’urto, che ha portato a rapidi cambiamenti seguiti da una fase di espansione economica. Nel 2001 si è tuttavia assistito ad un forte ridimensionamento dei tassi di crescita del Pil, dal quale l’economia ha saputo riprendersi solo nel 2003.

All’interno della struttura produttiva polacca l’agricoltura, nonostante contribuisca sempre meno alla creazione di valore aggiunto, ricopre ancora un ruolo importante; allo stesso tempo la produzione industriale è tornata a crescere in modo consistente, mentre il settore dei servizi è in pieno sviluppo.

Superata una fase iniziale di chiusura, la Polonia si è aperta al capitale estero. L’afflusso di Ide tuttavia, dopo avere registrato un rilevante incremento, si è ridimensionato, anche a causa della crescente capacità attrattiva di altri paesi dell’area, quali la Repubblica ceca e la Slovacchia. Nonostante tale flessione, la Polonia rimane una destinazione appetibile, soprattutto per le potenzialità di crescita del mercato interno.

Il settore delle Pmi, pur risultando uno dei più sviluppati dell’area sulla base delle valutazioni dell’Unece, presenta diversi punti deboli. Il suo sviluppo futuro dipenderà dall’efficacia delle politiche statali di sostegno e dalla capacità delle Pmi polacche di cooperare tra loro.

La Polonia, per le sue caratteristiche strutturali, riceve la quota più elevata di aiuti dall’Ue. Secondo studi recenti l’adesione all’Ue nel breve termine comporterà alcuni costi, ma sul lungo periodo dovrebbe avere un impatto positivo sull’intero paese, in termini sia di crescita economica che di occupazione.

Repubblica ceca. L’importanza delle tradizioni

La Repubblica ceca, a causa di un approccio inizialmente affrettato alla transizione, è andata incontro a due crisi transizionali. Il paese ha tuttavia riguadagnato la stabilità macroeconomica ed è oggi una delle economie più sviluppate dell’area.

Dotata di una tradizione industriale consolidata, la Repubblica ceca rappresenta uno dei poli industriali più importanti tra i Peco. Accanto ai settori tradizionali, ora in fase di ristrutturazione, si sono sviluppate produzioni a elevato contenuto tecnologico e di valore aggiunto, grazie anche all’intervento degli investitori esteri, per i quali la Repubblica ceca costituisce un mercato appetibile. Numerosi sono infatti gli elementi interessanti di cui la Repubblica ceca è dotata: l’efficace politica di attrazione degli Ide, la posizione strategica all’interno dell’area, la presenza di manodopera qualificata, la qualità delle infrastrutture.

Il settore delle Pmi, a lungo trascurato dalle politiche statali di intervento, è oggetto di crescente attenzione e dimostra un aumentato dinamismo. La presenza di un solido tessuto di Pmi rappresenta un vantaggio per le imprese estere, che possono trovare nella Repubblica ceca validi partner per cooperare.

Slovacchia. La prevalenza della politica sull’economia: ma l’economia ha vinto

La transizione in Slovacchia ha seguito un percorso particolare, caratterizzato dalla prevalenza della politica sull’economia. Fino alle elezioni del 1998 la politica slovacca è stata dominata da forze conservatrici e populiste che hanno ritardato le riforme, la ristrutturazione delle imprese e l’internazionalizzazione dell’economia. Nel 1998 un’alleanza di partiti democratici e moderati ha preso il potere conducendo una politica liberale estrema. Tale politica ha permesso di riconquistare il sostegno degli organismi finanziari e politici internazionali (l’Ue soprattutto).

Tra le riforme interne la più importante è stata la riforma fiscale, che ha abbassato le aliquote dell’Irpef e dell’Irpeg dal 25 al 19 per cento. La politica estera e quella fiscale hanno attratto dal 2000 un ammontare eccezionalmente elevato di Ide che accelererà nettamente la crescita del reddito. Il miglioramento del clima economico e l’ampliamento dell’attività economica creeranno condizioni nuove e favorevoli alle piccole imprese, per le quali sono stati approvati programmi di sostegno ad hoc.

Estonia. Una giovane tigre tra liberismo e innovazione

L’Estonia è il più piccolo e il più economicamente avanzato degli stati baltici. A partire dall’indipendenza le sue istituzioni e il suo sistema produttivo sono nettamente migliorati: l’Estonia è stata descritta a più riprese come un alfiere del liberismo economico nel mondo in transizione e come una giovane promessa in campo tecnologico. Molti dei suoi successi dipendono da una situazione socio-economica relativamente stabile, dall’accoglienza calorosa riservata dal governo ai capitali esteri e dal ruolo-guida assunto dagli investitori scandinavi, che oggi controllano i settori più dinamici dell’economia.

L’Estonia offre buone opportunità per gli investitori italiani, grazie alla posizione strategica, all’adeguata dotazione infrastrutturale ed all’atteggiamento collaborativo degli imprenditori locali, dotati di un’ampia conoscenza dei mercati nordici ed ex-sovietici. La preparazione e l’affidabilità della manodopera, i bassi livelli salariali ed il ridotto carico fiscale costituiscono ulteriori motivi di interesse.

Romania. Investimenti al bivio

Nei prossimi 5-10 anni gli investimenti legati al traffico di perfezionamento passivo (sistema Lohn) diventeranno meno redditizi; questo metodo di lavorazione tuttavia non sparirà, perché il costo del lavoro romeno rimarrà ancora a lungo molto inferiore di quello degli altri paesi Ue.

Una strategia – già parzialmente in atto – prevede di impiantare imprese che mantengano in Romania le funzioni “superiori” e che delocalizzino in Ucraina e Repubblica moldova le fasi labour intensive delle produzioni, anche se entro qualche decennio il problema dell’innalzamento dei costi si ripresenterà.

Una strategia più vincente e a lungo termine sarebbe invece quella di fare un nuovo tipo di investimento, in settori tecnologicamente più avanzati e rivolti anche al mercato locale. I settori più redditizi sarebbero: 1) agricoltura e agriturismo 2) infrastrutture 3) information technology 4) servizi alle imprese e alle persone 5) turismo 6) produzione per il mercato locale di beni di consumo per le famiglie, elettrodomestici e arredamento soprattutto 7) opportunità derivanti dalle privatizzazioni.

Bulgaria. Ritardo nella privatizzazione e grandi potenzialità

La Bulgaria ha raggiunto la stabilità macroeconomica e una crescita costante (in media del 4,1 per cento annuale) a partire dalla fine degli anni Novanta. Oggi il paese offre interessanti opportunità di investimento per gli operatori esteri, in particolare nei settori: chimico, meccanico, turistico, agroalimentare, edile, dei trasporti e dell’informatica. Le piccole e medie imprese, italiane e non, che intendono allacciare rapporti con imprese bulgare possono usufruire di aiuti finanziari, in parte a fondo perduto, stanziati dall’Unione europea. Ulteriori opportunità di investimento provengono dal processo di privatizzazione ancora in corso di realizzazione nei settori energetico, dei trasporti, dei tabacchi, degli armamenti e dell’ambiente.

Russia. Un ritorno al passato?

Cambiamenti ampi e profondi in Russia, che possono essere definiti un tentativo dello stato di riconquistare le proprietà perdute. La realizzazione di questo disegno presuppone un movimento in due direzioni: (1) attacco agli oligarchi (affare Yukos) che si sono impadroniti illegittimamente di alcune preziosissime (petrolio, metalli) attività produttive, trascurando altri settori produttivi; (2) concentrazione della proprietà ancora rimasta nelle mani dello stato (fusione di Gazprom con Rosneft nel settembre 2004). Alla concentrazione del potere economico corrisponde la concentrazione del potere politico: i governatori delle 89 regioni russe risponderanno direttamente al presidente Putin. Si realizza così “lo stato autocratico fondato sulla proprietà dello Zar”, che è stato sempre nei secoli lo scopo dei governanti dello stato russo. Al di là della metafora si ricostituisce così lo stato forte che i cittadini russi auspicavano per porre fine al caos generato dalla presidenza Eltsin. La formazione di grandi imprese potrebbe fare rivivere le “operazioni general contractor” che sono state effettuate nel periodo d’oro del commercio estero sovietico e della cooperazione tra l’Unione sovietica e l’Europa.

Ucraina. Una rosa con le spine

L’Ucraina è un paese arretrato, ma promettente. La sua posizione strategica, a cavallo tra l’area europea, l’area russa e quella mediorientale, e la sua condizione di “nuova frontiera” dell’Ue a 27 la rendono un paese interessante per l’Italia. Dopo una transizione profonda durata dieci anni, l’economia ha iniziato a crescere a ritmi elevati dal 2000. Le piccole e medie imprese sono scarsamente sviluppate, ma ci sono buone possibilità per il loro sviluppo, specie nelle aree occidentali del paese. Il volume degli Ide è molto basso, e il clima degli investimenti è ancora negativo; ciononostante, ampie opportunità sono offerte dal settore agro-alimentare (terre nere), dal settore delle costruzioni (forte sviluppo urbano), della cantieristica (eredità sovietica), del legname-mobilio (materia prima abbondante). Per i piccoli investitori italiani, l’Ucraina resta un paese “difficile”. Questa situazione crea la necessità di una struttura italiana di supporto all’investimento efficiente e radicata, che al momento manca; il “Sistema-Italia” però ha recentemente mostrato maggiore attenzione verso l’Ucraina, che può rappresentare un ottimo partner per l’internazionalizzazione del nostro tessuto produttivo.

Per richiedere il volume e per maggiori informazioni contattare il Dottor Marco Ranieri all’indirizzo: ranieri.marco@unito.it

Sito del CIRPET


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