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Antigone

Antigone: diverse le interpretazioni del mito e della tragedia,da Hegel a Brecht. Ma ogni tanto occorre ritornare ai testi.

di Pina La Villa - domenica 9 gennaio 2005 - 6983 letture

Antigone, tragedia scritta nel 442 a.C. da Sofocle (496-410 a.C.).

Diverse le interpretazioni del mito e della tragedia,da Hegel a Brecht.

Ma ogni tanto occorre ritornare ai testi.

La storia

Edipo si è accecato ed è stato esiliato dalla città di Tebe dopo aver appreso di aver commesso incesto e parricidio. Suo figlio più giovane, Eteocle, briga per avere il potere ed esilia il fratello maggiore Polinice, che assedia Tebe con un potente esercito. La vittoria non sarà né dell’uno, né dell’altro,perché entrambi muioiono in battaglia. Il nuovo re di Tebe, Creonte, dichiara che Eteocle sarà sepolto e onorato come eroe, mentre il corpo di Polinice resterà insepolto a decomporsi e preda dei cani, nel disonore. La pena per chiunque proverà a seppellirne il corpo è la morte. Apprendendo questa notizia, Antigone - sorella di Eteocle - nonostante il consiglio prudente dell’altra sorella, più giovane, Ismene, si ostina a pretendere che il corpo del fratello venga sepolto perché il suo spirito possa riposare in pace.

Antigone, contravvenendo al divieto di Creonte, va dunque al campo di battaglia davanti a Tebe, copre di sabbia il corpo di Polinice ed effettua i riti di sepoltura. Viene scoperta, arrestata e portata al cospetto di Creonte. Al cospetto del rappresentate dello Stato Antigone attesta la propria condotta. Non alle leggi scritte lei ha inteso obbedire, ma alle leggi degli dèi, alle norme non scritte e indistruttibili dettate dalla natura e dalla propria coscienza. Incredulo che una donna abbia osato disobbedire ai suoi ordini, Creonte decide l’imprigionamento sia di Antigone che di Ismene come complice, e decreta l’esecuzione d’entrambi. Subito Emone, il figlio di Creonte, supplica il padre in favore di Antigone della quale è promesso sposo. Ma Creonte, arrogante, lo deride e ignora le sue suppliche. Furente Emone si ritira stravolto, non dandosi pace che il padre abbia trattato così i suoi sentimenti.

Allora Creonte cambia idea bruscamente, decidendo l’esecuzione della sola Antigone poiché riconosce l’innocenza di Ismene. E pertanto la sorella maggiore è condotta fuori da Tebe in una caverna ad attendervi la morte. Mentre Antigone sta soffrendo questo destino atroce, l’indovino cieco Tiresia avverte Creonte che gli dèi sono molto adirati per aver egli rifiutato la sepoltura a Polinice, poiché gli stessi uccelli che mangiano la sua carne saranno successivamente usati per i sacrifici. Di conseguenza - vaticina Tiresia - il figlio di Creonte morirà per castigo. Ma, Tiresia deridendo, Creonte non ascolta questa profezia, credendo che l’indovino desideri solo spaventarlo. Tuttavia, acconsente infine a seppellire Polinice e solo dopo che il coro dei cittadini di Tebe gli ricorda che Tiresia non ha mai errato nelle profezie.

Adesso preoccupato per il figlio, Creonte lava il corpo di Polinice, effettua i riti di sepoltura e crema i resti del corpo. Va dunque a liberare Antigone dalla caverna in cui è imprigionata, ma è troppo tardi per evitare la tragedia: Antigone si è appesa ad una corda ed Emone sta ai suoi piedi in lacrime. Dopo avere provato ad assalire Creonte, Emone si trafigge e muore abbracciando il corpo di Antigone. Uomo distrutto, Creonte, ritorna al palazzo per apprendere che anche la moglie Euridice s’è tolta la vita dopo esser stata colpita dalla notizia della morte del figlio. Creonte è condotto via dai suoi cittadini, che in coro, deplorano le sue azioni, auspicando che solo la morte possa liberarlo da tanta sofferenza.

(la sintesi della tragedia è stata tratta dal sito www.lafrusta.homestead.com, la pagina su sofocle è a cura di Alfio Squillante)

Di seguito la trascrizione della parte centrale della tragedia di Sofocle (traduzione di Elena Bono, edizione Garzanti, dallo stesso sito).

Antigone è stata riconosciuta colpevole e portata al cospetto di Creonte:

"CREONTE Tu ehi tu che inchiodi gli occhi a terra: ammetti o neghi la responsabilità dei fatti? ANTIGONE Io sono responsabile. Non negherò non voglio. CREONTE (alla Guardia) Tu puoi sparire. Scegli il luogo l’accusa non ti schiaccia più. Sei libero. (Ad Antigone) Tu rispondi senza ghirigori taglia corto: sapevi l’ordine gridato di non fare riti? ANTIGONE Sapevo. Non dovevo? E come? Così limpido splendente... CREONTE Hai potuto spezzare norme mie? ANTIGONE Ah sì. Quest’ordine non l’ha gridato Zeus a me; né fu Diritto che divide con gli dèi l’abisso ordinatore di norme come quelle per il mondo. Ero convinta: gli ordini che tu gridi non hanno tanto nerbo da far violare a chi ha morte in sé regole sovrumane non mai scritte senza cedimenti. Regole non d’un’ora non d’un giorno fa. Hanno vita misteriosamente eterna. Nessuno sa radice della loro luce. E in nome d’esse non volevo colpe io nel tribunale degli dèi intimidita da ragioni umane. Il mio futuro è morte lo sapevo è naturale: anche se tu non proclamavi nulla. Se prima del mio giorno morirò è mio interesse dico: uno che vive come me tanto in basso e soffre non ha interesse nella fine? E così tocca a me: fortuna di quest’ora di morte non dolore. Lasciassi senza fossa per obbligo la salma quel frutto di mia madre spento quello era dolore: ma il mio presente caso ah no non m’addolora. Logica idiota penserai. Chissà. Forse è l’accusa d’idiozia idiota. CORO Spicca nella figlia tempra cruda da crudo padre. L’umili e non si curva. CREONTE Attento. Cervelli ferrigni si spezzano più spesso. Come acciaio: il più possente in tempera di fuoco arso lo vedi che si scheggia schianta. So che basta un po’ di freno e s’addomestica il puledro ardente. Non deve esistere arroganza in chi sta sotto servo. Lei era lucida superba quando trasgrediva derideva leggi proclamate chiare. La senti? Non le basta colpa aggiunge un’arroganza nuova: si gloria della colpa n’è radiosa. Ora basta. Non sarei più maschio io lei sarebbe maschio se questa prepotenza passasse senza pena. Figlia di sorella sia pure. Fosse pure legata al sangue mio più dello stesso Zeus della casa lei e l’altra del suo sangue non scamperanno ai loro due supplizi vili. Certo incrimino anche l’altra assente d’aver pensato a questa fossa. Fatela venire. Ora capisco: l’ho scorta nella sala adesso. Lottava con se stessa non si dominava. L’impulso criminoso di chi architetta storte trame al buio si smaschera in anticipo. Accade sempre. Provo disgusto io di chi sorpreso in atto degradante insiste a esaltarlo e si compiace. ANTIGONE E che ti piacerebbe? Farmi ammazzare e poi che altro? CREONTE Niente. Mi basta. Con questo ho tutto. ANTIGONE Perché perdi tempo? Tu hai le tue ragioni. Non le accetto. Non le accetterò mai. Così per te: le mie ti disgustano. È nelle nostre essenze. Dimmi da dove ricavavo luce di più illustre fama se non con rito della fossa a mio fratello? Anche da questa gente sarebbe voce piena di consenso senza sigillo di terrore in bocca. Ma il despota è baciato dai celesti sta in lui decidere parlare come crede. CREONTE Tu scorgi tutto questo: ma sei la sola in Tebe. ANTIGONE Scorgono anche questi: ma con te sono muti scodinzolanti. CREONTE Non hai pudore a sentirti isolata con le tue idee? ANTIGONE Non è vile il culto per chi venne da comune ventre. CREONTE Non è sangue uguale l’altro caduto nello scontro? ANTIGONE Sangue uguale. Unica madre e uno stesso padre. CREONTE Perché questo tributo d’amore profanante?` ANTIGONE Il caduto l’ucciso non attesterebbe questo. CREONTE Sì se l’eguagli al profanatore nell’omaggio. ANTIGONE Non uno schiavo una cosa. Un fratello m’era morto. CREONTE Rapace sul paese: l’altro in trincea a contrastarlo. ANTIGONE Non conta. L’invisibile riequilibra tutto. E la sua legge. CREONTE Ma non che probità sia ripagata come bassa colpa. ANTIGONE È principio santo nell’abisso? Mistero. CREONTE Odia uno. Potrà morire non lo sentirai mai tuo. ANTIGONE Non nodo d’odio: nodo con i miei è la mia essenza. CREONTE Allora va’ là sotto. Se devi unirti unisciti coi tuoi con quelli. Finché vivo non mi comanderà una donna."


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