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Ancora una volta, ancora una volta, ancora una volta….

Così come è stato per Matteo, per Joubert, è accaduto a Leo morire di lavoro e solo una piccola possibilità lega alla vita il suo compagno Marocchino, oggi ricoverato in prognosi riservata...

di Letizia Tassinari - domenica 27 maggio 2007 - 1875 letture

Ancora una volta, ancora una volta, ancora una volta... Così come è stato per Matteo, per Joubert, è accaduto a Leo morire di lavoro e solo una piccola possibilità lega alla vita il suo compagno Marocchino, oggi ricoverato in prognosi riservata all’Ospedale Versilia, al quale auspichiamo che possa cavarsela.

Per l’ennesima volta ci domandiamo quante volte dovremo dire ancora una volta e quante volte ancora bisognerà indignarci sull’ennesimo infortunio mortale.

Leo era un lavoratore edile, ma un qualche cosa lo accomuna a Joubert: entrambi amavano la vita.

Uno giovane che attraverso il lavoro esaudiva la sua voglia di scoprire un mondo ancora inesplorato,cosi’ come Matteo, l’altro meno giovane che pensava, con il lavoro, di ricostruire il mosaico della sua esistenza per darne un senso piu’ certo e piu’ sicuro.

I morti sul lavoro, giovani o anziani, ingenui o svezzati, lavoravano per la voglia di vivere e non di morire.

Ancora una volta siamo a denunciare che la mancanza di rispetto delle norme piu’ elementari, l’inosservanza dei piani di sicurezza,dei mancati coordinamenti, della carenza dei controlli e tutto quanto avremmo dovuto ormai da tempo aver assimilato per rafforzare la nostra cultura per un lavoro sicuro, sono le principali cause di questa assurda tragedia.

A cio’ si aggiunge l’annoso problema del dare concretezza a quanto si è scritto per un lavoro in sicurezza. Questo ingranaggio che ad un certo punto si interrompe, che non permette di segnare la svolta necessaria, oggi è causa di troppe vittime.

Tutto cio’ evidenzia molteplici responsabilità ma il sistema delle imprese, fatte le dovute distinzioni, è il maggiore responsabile di quanto accade.

Poichè concretizzare gli atti e i protocolli che oggi rappresentano nè piu’ nè meno che carta straccia, implica che le imprese rivedano tutto il sistema dei cicli produttivi, partendo dalla qualità e dall’organizzazione del lavoro, dai ritmi, dai tempi e dai carichi dello stesso, e soprattutto dal fatto che le imprese devono disporre di una propria autonomia produttiva che si basa su nuclei, reparti, idonei alle finalità produttive, ai quali venga praticata una formazione specifica circa i rischi professionali.

Inoltre, non si puo’ continuare a pensare che la sicurezza sia una questione separata rispetto alla mancanza dei diritti dei lavoratori, anzi laddove si riscontra piu’ precarietà, piu’ irregolarità o violazioni delle norme contrattuali maggiore è l’incidenza di minor sicurezza.

Cio’ mette in evidenza quanto , soprattutto nell’ottica dell’utilizzo degli appalti nel privato, sia necessario oltre alle norme legislative specificatamente aggiornate, il ripristino di vecchie leggi ma attuali come la 1369/60, sull’intermediazione di manodopera e la regolazione del sistema degli appalti oppure specifiche intese, anche a carattere territoriale purchè esigibili, che rispecchino in termini concreti i contenuti della suddetta legge.

Ancora una volta la Fiom e la Cgil denunciano che quanto è accaduto non è fine a se stesso ma un ulteriore tassello che si aggiunge purtroppo al quadro di estrema gravità determinato dalle penose e precarie condizioni di sicurezza che si estendono ed interessano in generale tutti i settori a rischio come appunto l’edilizia e la realtà della cantieristica navale Viareggina.

Ai lavoratori e al Sindacato, spetta il compito di sempre: quello di non mollare e resitere tenendo alta la pressione e pretendere l’attenzione dovuta ma soprattutto fatti concreti.


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