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Analfabetismo funzionale. Cos’è veramente?

Quanto incide il grado di istruzione? Quanto il contesto ambientale e sociale? In Italia, il 28% della popolazione tra i 16 e i 65 anni è analfabeta funzionale. Il dato è tra i più alti in Europa...

di Silvia Zambrini - mercoledì 4 gennaio 2023 - 4333 letture

Tra le parole ultimamente entrate nel linguaggio comune c’è ne è una, o meglio un concetto, che invita a riflettere sul suo stesso significato, ovvero “analfabetismo funzionale”. Spesso inizialmente lo si interpreta come una forma di ignoranza indotta, funzionale a regimi e sistemi egemonici che da sempre se ne servono per mantenere tali i loro sottomessi. In realtà analfabetismo funzionale sta a indicare un grado di istruzione che non serve, che funzionale non è: una base scolastica di semplice lettura, scrittura e far di conto, non sarebbe sufficiente a formulare una domanda di lavoro, a comprendere un articolo di giornale o un documento ufficiale andando oltre il significato di ogni singola parola, secondo una condizione che in Italia includerebbe quasi una persona su tre in età di forza lavoro; che in parte spiegherebbe le cause della disoccupazione attuale [1].

È un dato inquietante specie se si pensa che nell’opinione comune l’analfabeta funzionale è persona limitata, oggetto di satira sui social media attraverso dialoghi grotteschi tra individui palesemente ottusi. Occorre considerare che quando questo termine è stato coniato da parte di Unesco nel 1984 quale “condizione di una persona incapace di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere da testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità” non si era ancora nell’era tecnologica della comunicazione: quella che di fatto ha rivoluzionato i confini geografici, nonché generazionali, rendendo soprattutto i giovani autonomi nell’inserirsi in ruoli professionali che prima non c’erano. Ciò indipendentemente dai titoli di studio. Attraverso l’acquisizione autodidattica di un sapere informatico di cui magari l’intellettuale fatica a disporre.

Ma a parte la rete, se un’istruzione essenziale dovesse essere così limitante, e preclusiva ai fini lavorativi, come si spiegano i tanti che, nonostante i pochi anni di scuola, sono diventati professionisti operando sul campo come il meccanico, lo chef ecc.? Per non parlare della moltitudine di migranti che arrivano nel paese di destinazione senza conoscere la lingua e con pochi anni di scuola alle spalle ma ugualmente diventano indispensabili per intere famiglie a livello umano, pratico di cura della persona, dilago con i medici, gestione della casa, operazioni in banca ecc. Forse non saranno in grado di scrivere lettere sintatticamente perfette, o di interpretare testi particolari, ma di certo la loro alfabetizzazione è funzionale a ottenere un’occupazione, a frequentare corsi e scuole per aumentare il proprio grado di istruzione non appena trovata un po’ di stabilità.

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Analfabetismo funzionale - emergenza nazionale in Italia

Una concezione di illetteratismo legata ai pochi anni di scuola, e per nulla alle carenze dell’attuale sistema scolastico, si smentisce anche con una realtà che risale a molto prima che si parlasse di analfabetismo funzionale. Pensiamo al patrimonio di testimonianza diretta di cui ora si dispone grazie all’infinità di lettere che la gente spediva, riceveva e conservava. In tempi in cui la maggior parte degli autori avevano frequentato pochi anni di scuola (soprattutto le donne). In un italiano ricco, grammaticalmente impeccabile. Forse anche perché in quei pochi anni di scuola la scrittura la si apprendeva come tecnica indispensabile per comunicare con gli altri.

​A questo punto viene da chiedersi se l’attuale difficoltà a comunicare attraverso la scrittura non sia anche il risultato di una comunicazione digitale inaridita dagli infiniti messaggi: troppi per poter riflettere su ognuno. Se l’incapacità a comprendere un testo nella sua interezza non sia in parte conseguenza di un’interazione compulsiva, irruente nel suo essere tecnologicamente mediata; potenzialmente responsabile di demotivazione ed apatia quale reazione agli stimoli incessanti. Di fatto, e per fortuna, molti più di un italiano su tre affrontano le avversità continue indipendentemente dal proprio background scolastico. Tra questi anche chi è costretto a trovare altrove opportunità professionali adeguate a un percorso di studi completato ai massimi livelli.


Questo articolo è pubblicato anche da Fana.one.


[1] I dati più attendibili a cui far riferimento sono quelli dell’indagine Piaac – Ocse (2019). Secondo queste statistiche, in Italia, il 28% della popolazione tra i 16 e i 65 anni è analfabeta funzionale. Il dato è tra i più alti in Europa, eguagliato dalla Spagna e superato solo da quello della Turchia (47%).


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