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Alla fine lo schiaffo se l’è preso il movimento pacifista

Difficile per un elettore di sinistra vedere il maggiore partito progressista italiano voltare la testa e abbandonare l’aula davanti al voto sul ritiro delle truppe in Iraq. Eppure, vedere le immagini di Fassino costretto a lasciare il corteo per la pace del 20 marzo al grido "assassino, assassino" lasciano addosso una sensazione di sconfitta.

di Lorenzo Misuraca - mercoledì 24 marzo 2004 - 5135 letture

Difficile per un elettore di sinistra vedere il maggiore partito progressista italiano voltare la testa e abbandonare l’aula davanti al voto sul ritiro delle truppe in Iraq. Difficile non provare rabbia di fronte allo slalom di posizioni dettato da convenienza politica di D’Alema e soci. Difficile per un elettore di sinistra che ha applaudito la scelta dell’opposizione di schierarsi contro l’attacco all’Iraq appena un anno fa, dover digerire un "ni" poco convinto e molto opportunista.

Eppure, vedere le immagini di Fassino costretto a lasciare il corteo per la pace del 20 marzo al grido "assassino, assassino" non danno nessun conforto al progressista deluso dai Ds. Anzi, lasciano una sensazione fastidiosa addosso. Una sensazione di perdita, di sconfitta. Non solo perché le manie di protagonismo di poche persone (gli assalitori ma anche il segretario diessino, che ha lasciato scorrere un milione di persone per sfilare proprio accanto allo spezzone dei centri sociali)nulla hanno a che vedere con la generosità delle masse pacifiste. Non solo perché, secondo gli ormai noti meccanismi mediatici, il battibecco in coda al corteo ha oscurato i vivi colori delle vive persone che hanno partecipato alla manifestazione.

Ci sembra di aver perso una mano della partita per "il mondo diverso possibile" che inseguiamo. La gente che ha riempito le strade di Roma, di decine d’altre città italiane, e dei quattro angoli della terra si batte non solo per la fine di tutte le guerre, ma anche e soprattutto per la diffusione di una vera e propria cultura di pace. L’unico modo di tentare una società più giusta è quello di deviare in corsa la logica di violenza economica, politica, militare e culturale che detta regole nelle democrazie occidentali e nelle teocrazie arabe.

L’unica speranza è imporre una cultura del rispetto e della tolleranza. Lo "schiaffo" gli amici di Caruso, stavolta -e non è l’unica, purtroppo-, lo hanno dato al movimento pacifista. Cacciare a forza un "odiato assassino" da un corteo, senza lasciare ai suoi elettori di riferimento la possibilità di fischiarlo o meno, segue la stessa logica violenta e autoritaria del governo americano che si arroga il diritto di cacciare Saddam Hussein e rifondare l’Iraq senza chiedere prima agli iracheni il loro parere.

Meglio sarebbe stato affrontarlo solo con fischi e pernacchie, e con la fantasia del movimento che i grigi burocrati diessini non saprebbero neanche capire. Meglio sarebbe stato oscurarli fisicamente davanti alle telecamere tanto inseguite con un’enorme bandiera iridata. Meglio sarebbe stato usare la rabbia in modo creativo, senza costringerci adesso a prendere posizione con il logoro -ma riadattato per l’occasione- "né con Fassino né con le teste di cazzo". Meglio sarebbe stato altro.

Ma così è andata, e Fassino e la dirigenza Ds ci risparmino gli scandalizzati commenti sull’accaduto. Ci sembra di polistirolo l’indignazione di chi volta la testa invece di premere un tasto di fronte ad una scelta importante come il voto sull’Iraq. Ci sembra eccessivo scomodare le squadracce del duce per un aggressione che si è risolta in insulti, lancio di bottigliette di plastica e qualche spintone. Ci sembra di sentire Berlusconi che accusava i sindacati di favorire le brigate rosse perché scendevano in piazza per l’articolo 18, quando Fassino e i suoi accusano i verdi, i comunisti italiani, Il Manifesto, e Gino Strada di preparare con le loro idee il terreno all’anti-politica violenta.

Forse è proprio in queste contraddizioni incrociate che più brucia la ferità di sabato 20 marzo: gli autonomi che hanno gridato "assassino" a Piero Fassino, e lo stesso segretario dei democratici di sinistra, con la sua presenza sfacciata ad un corteo organizzato su una piattaforma a lui estranea, hanno offeso la richiesta di coerenza e di rispetto dei propri valori che il popolo della pace ha portato per le strade del mondo ad un anno dall’invasione dell’Iraq.


- Ci sono 2 contributi al forum. - Policy sui Forum -
> Simbolismi
28 marzo 2004, di : Qoelet

Sono parzialmente d’accordo perchè Fassino non ha ricevuto proprio nessuno schiaffo, e le testimonianze di chi era lì parlava semmai di spinte e calci del servizio d’ordine diessino. Questo sul piano della realtà. (E sul piano della realtà contano i due milioni di persone scese in piazza.) Sul piano dei simbolismi i ceffoni "umanitari" di Caruso mi sembrano dovuti a chi ha fatto delle scelte politiche ben precise, tutte vigliacche e vicine alla destra. E come chiamare uno che non vota per il ritiro delle truppe dall’Iraq? Se non assassino..come?

Diceva Danilo Dolci, uno che non può essere accusato di derive violente: "Il pacifismo non è girare la testa. Se vedo qualcuno che fa del male ad un bambino lo prendo a calci nel culo".

    > Simbolismi
    29 marzo 2004, di : Lorenzo Misuraca

    Danilo Dolci testimoniava la coerenza del suo pacifismo con la sua stessa vita. Quella frase detta da Danilo Dolci ha un senso (quello he hai espresso tu). La stessa frase detta da Caruso o Casarini, che di mestiere rilasciano interviste e poco più, mi fa pensare alla logica con cui si approvano le guerre umanitarie: "Il pacifismo non è girare la testa. Se vedo Milosevic che uccide i kosovari, bombardo la Serbia fino a quando non l’ho neutralizzato". Suona bene, no? Sembra quasi lo stesso senso della frase di Dolci, ma ne è l’esatto contrario. Fermo restando che ha ragione Gino Strada a chiamare "delinquenti politici" quelli che non hanno votato no al rifinanziamento delle truppe italiane in Iraq, compresi naturalmente gran parte dei Ds.