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Afghanistan e realismo geopolitico

Come uscire dal pantano afghano? La storia del colonialismo inglese ci può fornire un prezioso aiuto.

di Emanuele G. - mercoledì 20 ottobre 2010 - 2613 letture

L’anno in corso è un anno molto pesante per le forze armate straniere chiamate a “stabilizzare” l’Afghanistan. Tutti gli indicatori denotano un incremento generalizzato del livello di violenza. A cosa mi riferisco? Ai militari caduti in missione o in attentati. Al numero dei feriti. Agli attentati. Alle azioni di sabotaggio. Per non parlare dei c.d. “effetti collaterali” sulla popolazione. In più, si nota un progressivo allargamento del conflitto nel vicino Pakistan. Una situazione francamente insostenibile. Tanto da costringere il Generale McChrystal, comandante dell’Isaf fino al 2010, ad affermare che solo cinque aree su 122 sono sotto l’effettivo controllo dell’esercito afghano e delle forze straniere. Dichiarazione senza dubbio dirompente. Da qui la decisione del Presidente Obama di sostituirlo con il Generale Petraeus.

La guerra in Afghanistan nasce da un evidente controsenso. Le forze dell’Isaf stanno combattendo contro entità pseudo-militari create nel corso degli anni ottanta dagli Stati Uniti per opporsi alla presenza sovietica in Afghanistan. Mi riferisco ai talebani e ad Al Qaeda. Insomma, l’Impero fa la guerra contro proprie creature.

La domanda che ci si deve porre è la seguente. Come uscire dal pantano afghano? Quale “exit strategy” fattibile possiamo individuare? Una soluzione praticabile è fornita dalla storia del colonialismo inglese. Nel corso dell’ottocento e dei primi anni del novecento gli inglesi cercano di far rientrare il paese dell’Asia Centrale nella loro sfera di influenza in funzione anti russa. Eccovi alcuni dati storici al riguardo.

- 1838-1842 : 1° Guerra anglo - afghana. Gli inglesi invadono il paese per arginare l’influenza russa e vengono massacrati durante la ritirata.

- 1878 : seconda invasione inglese in territorio afghano per contrastare l’espansione russa.

- 1879 : Afghanistan e Gran Bretagna firmano il Trattato di Gandomak. L’emiro afghano Abdur Rahman Jhan si occupa degli affari interni, l’Inghilterra mantiene il controllo della politica estera.

- 1893-1895 : Confermata la linea Durand, che separa l’Afghanistan dall’India britannica. Il confine divide il gruppo etnico dei Pashtun, che per metà rimane nell’attuale Pakistan.

- 1913-1919 : 3° guerra anglo - Afghana. Gli afghani attaccano le truppe britanniche in India . L’Inghilterra rinuncia ai suoi interessi in Afghanistan, che diventa uno Stato indipendente. Con l’ascesa del re Amanullah Khan nel 1919 il paese riprese il controllo della propria politica estera, uscendo dalla zona di influenza del Regno Unito.

Quanto riportato sopra ci fa capire alcune cose che ritengo fondamentali per avere una visione oggettiva della situazione di oggi.

Gli afghani sono un popolo molto bellicoso. Aduso alla guerra e alla lotta. Sin dai tempi più remoti. Se ne accorse perfino Alessandro Il Grande che rinominò un piccolo insediamento persiano Alexandria-Ad-Caucasum. L’attuale Kabul. Pertanto, le forze dell’Isaf fronteggiano persone in possesso di un’impressionante intelligenza militare e tattica. Le normali strategie militari non hanno molto senso in Afghanistan. Mi riferisco allo spiegamento sul teatro di guerra di carri armati o di aerei da combattimento.

Si è detto che la struttura sociale dell’Afghanistan è a base tribale. Dove l’elemento etnico o religioso gioca un ruolo sì predominante, ma non essenziale. Questo ha sempre impedito che esistesse un vero Stato Afghano. Stato da considerarsi più come espressione di un accordo, sempre soggetto a variazioni, fra i signori locali e il potere centrale di Kabul. Ciò ha fatto credere agli stranieri che l’Afghanistan potesse essere conquistato in modo agevole e rapido. Nulla di più sbagliato! Gli afghani in occasione di minacce esterne hanno dimostrato un’unità di intenti piuttosto stupefante riuscendo nell’impresa di assicurare un’ininterrotta indipendenza al loro paese. Se ne stanno accorgendo le forze dell’Isaf. Accolte solo perché portano aiuti materiali.

L’Afghanistan, dal punto di vista geografico, è un paese infinito. E’ un insieme di immense cordigliere e di estesissime, quanto impervie, vallate. Un luogo che non si presta a un facile controllo militare. Infatti, la conformazione del terreno impedisce qualsiasi azione di consolidamento delle posizioni eventualmente conquistate. Se non parcellizando le forze disponibili sul teatro di guerra. E’ impossibile tener collegati i territori ritenuti “conquistati” proprio a causa della particolare orografia afghana. Aggiungasi il fatto che la rete dei trasporti è quasi inesistente. Si tratta per lo più di camionabili. Pertanto, il termine conquista in riferimento all’Afghanistan assume i caratteri di puro non senso.

L’esperienza del colonialismo britannico è di conseguenza esemplare sovvenendoci in prezioso aiuto. Gli inglesi si credevano il centro del mondo perché avevano il più esteso impero coloniale esistente allora. Per non parlare del loro esercito. Eppure dovettero soccombere agli afghani. Molto realisticamente decisero di addivenire ad accordi di “protettorato” piuttosto di perseverare in poco efficaci guerre di conquista. Anzi, in occasione dell’ultima Guerra Afghano-Inglese, ritennero più opportuno un completo disimpegno.

Ecco, le forze dell’Isaf dovrebbero disimpegnarsi. E’ l’unica soluzione praticabile visto i presupposti ricordati sopra. Non credo che abbiano possibilità di successo a causa della sempre più accentuata capacità operativa delle forze a loro opposte. Che ricordo non sono sparute. Le stime parlano di ben 120.000 guerriglieri divisi in vari gruppi e gruppuscoli! Disimpegno da effettuarsi – ulteriore motivazione – perché il Presidente Karzai appare poco affidabile ed indebolito da vari scandali che hanno colpito lui e la sua famiglia.

Tale operazione dovrebbe passare da un accordo da siglare con i capi tribali e gli esponenti più rappresentativi della galassia talebana in occasione della Loja Girga annuale. Un accordo che preveda l’appoggio della comunità internazionale a migliorare le condizioni di vita delle popolazione afghane e il riconoscimento delle peculiarità geopolitiche del paese centrasiatico. Gli afghani trovano sempre il modo di accordarsi fra di loro. Non hanno bisogno di sollecitazioni esterne. Con un vantaggio di non poco conto. L’accordo contribuirebbe a togliere ogni motivazione di fondo all’azione terrorista del fronte talebano/al qadista.

In politica estera è sempre meglio avere un’attitudine realistica che perseverare sul cammino di un orgoglio fine a se stesso. Soprattutto quando è in gioco la vita di persone.


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