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8 marzo

Un documento tratto da un testo dello scrittore cileno Luis Sepùlveda. Un 8 marzo del 1975 a Santiago, la mia compagna fu arrestata dalla polizia segreta cilena.

di Redazione - venerdì 7 marzo 2008 - 2533 letture

L’ 8 marzo mi ripugna perché è il giorno in cui la cultura misogina ci obbliga a "scoprire" la donna, a ricordare che esiste, e a perdonarla con un insulso fiore di serra.

Tutti parlano della donna, quel giorno, e il farfugliare comincia con l’enciclica misogina del Vaticano che, come tutti gli anni, prima le ridurrà alla condizione di madri, spose e pilastri della famiglia, per poi ricordare loro che sono padrone delle loro quattro estremità ma non dei loro ventri, chiaro?, cosicchè, figliole mie, vogliate ricevere la mia benedizione urbi et orbi, però di aborto, controllo delle nascite e altri peccati simili neanche parlarne.

Il capitalismo è e sempre è stato misogino. Le operaie tessili assassinate dal sistema e che si suppone ricordiamo ogni 8 marzo, non morirono perché erano madri, spose e pilastri della famiglia ma perché si ribellarono contro lo sfruttamento. Erano persone e volevano vivere come tali.

Il potere è e sempre è stato misogino. Un 8 marzo del 1975 a Santiago, la mia compagna fu arrestata dalla polizia segreta cilena. Con gli occhi bendati la rinchiusero nella tristemente celebre Villa Grimaldi e, là, un ufficiale dell’esercito le offrì un fiore e una tazza di cioccolato. Quel giorno, né lei né le altre progioniere furono toccate, ma il giorno dopo, passato il Giorno Internazionale della Donna, cominciarono le torture e le violazioni.

E anche loro non passarono per la macchina dell’orrore perché erano madri, spose e pilastri della famiglia ma perché erano donne e rivoluzionarie, perché un giorno avevano scoperto che essere donne voleva dire fare parte integrante di una maggioranza segregata e che la loro emancipazione era quella di tutta l’umanità.

Il nuovo ordine internazionale è misogino perché non si spiega, se no, come non abbia vacillato nel castigare militarmente l’Iraq dopo l’invasione del Kuwait e non castighi la riduzione in schiavitù di più della metà degli abitanti dell’Afghanistan in potere dei Talebani. Lo spirito e i corpi delle donne afgane sono stati invasi per obbligarle con la forza a non essere più persone, donne e a non essere altro che madri, spose, pilastri della famiglia coperte dall’infame velo del fanatismo.

Il neo-liberismo economico, il darwinismo sociale è misogino perché il taglio dell’assistenza sociale si fonda sul ritorno della donna lavoratrice nelle sue quattro pareti di casa, all’umiliante condizione di madre, sposa e pilastro della famiglia.

Credo che se vogliamo dare un senso all’ 8 marzo, esso non possa essere altro che un giorno della lotta emancipatrice di quella metà dell’umanità, le donne, che ancora guadagnano meno degli uomini per lo stesso lavoro, che ancora non possono disporre liberamente del loro corpo, che ancora devono subire l’anatema di un peccato originale che non c’è mai stato.

Ma questo giorno non deve avere le meschine 24 ore di tutte le celebrazioni: deve cominciare con l’alba dell’emancipazione definitiva e culminare quando nel cielo del tramonto brilleranno le stelle della felicità.


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